Donazione indiretta a rischio tasse
Per essere esente da imposta, la donazione indiretta deve essere espressamente menzionata nel contratto di compravendita; in caso contrario, è dovuta l’imposta di donazione. È questa l’assai sorprendente decisione contenuta nella sentenza di Cassazione n. 13133 del 24 giugno 2016, priva di precedenti sia in giurisprudenza che nella prassi amministrativa. Ai sensi dell’articolo 1, comma 4-bis, Dlgs 346/1990 (testo unico dell’imposta di successione e donazione), se un genitore dà denaro a un figlio (ad esempio, facendogli un bonifico) con l’intenzione di regalarglielo, alla donazione informale così effettuata non è applicabile l’imposta di donazione se la provvista del denaro è “collegata” a un atto avente a oggetto il trasferimento di un’azienda o di un immobile per il quale sia prevista l’applicazione dell’imposta proporzionale di registro o dell’Iva.
La legge, dunque, definisce come presupposto per l’esenzione dall’imposta di donazione, l’esistenza di un “collegamento” tra la donazione indiretta e l’atto di acquisto; e il verbo “collegare” è utilizzato dalla legge senza ulteriori specificazioni, nel senso che la legge non dice come detto collegamento debba essere effettuato; né, tanto meno, impone che, per avere l’esenzione, occorra effettuare particolari menzioni negli atti che si stipulano.
La Cassazione sostiene invece che, per «regola generale», l’esenzione da un tributo e la fruizione di una agevolazione presuppongono che il contribuente faccia «esplicito esercizio» del diritto e pure ne faccia «espressa dichiarazione in atto».
Pretendendo un comportamento che la legge non impone, la Suprema Corte compie un evidente passo falso, per svariate ragioni. Anzitutto perché quando il legislatore tributario vuole che in atto risultino dichiarazioni necessarie per l’ottenimento di un’agevolazione, lo dice espressamente: nell’agevolazione “prima casa” non basta all’acquirente di non essere proprietario di altre abitazioni, ma occorre che lo dichiari espressamente.
Inoltre, se si pensa a un procedimento impositivo come quello dell’imposta di registro, è inevitabile ritenere che i presupposti per l’applicazione di una tassazione diversa da quella ordinaria debbano essere esplicitati in atto, anche se la legge non lo richiede.
Ma se si pensa alla pretesa impositiva verso una liberalità indiretta, la quale necessariamente deriva da una approfondita attività di accertamento (perché comporta l’analisi della capacità contributiva dell’ acquirente/donatario e l’indagine sulla provenienza delle risorse finanziarie dal medesimo impiegate), non si può credere che, nell’ambito di questo iter, il fisco non si accorga da sé del “collegamento” tra l’afflusso del denaro e il suo impiego per pagare un prezzo (si pensi al bonifico fatto dal genitore al figlio nullatenente, qualche giorno prima del rogito, di una somma pari a quella del prezzo da pagare; o all’assegno circolare, direttamente intestato al venditore, emesso addebitando il conto corrente dei genitori dell’acquirente).
Infine, più in generale, secondo l’articolo 10 dello Statuto del contribuente, i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria devono essere improntati al principio della collaborazione e della buona fede. Allora, se la legge richiede che null’altro sussista se non un “collegamento” (e, quindi, un fatto oggettivo) tra due fattori materiali, quali la dazione del denaro, da un lato, e il suo successivo impiego, dall’altro lato, non appare che si possa escludere la maturazione del presupposto dell’esenzione (e, quindi, il collegamento) solamente perché detto collegamento non sia stato espressamente dichiarato. Per la stessa ragione, nel campo dell’agevolazione “prima casa”, dove pure la legge richiede alcune dichiarazioni come presupposto di concessione dell’agevolazione, è pacifico che la mancanza di dette dichiarazioni possa essere rimediata con un atto integrativo (si vedano le circolari 38/E/05 e 18/E/13, nonché la risoluzione 110/E/06).
Concludere quindi che una liberalità indiretta sia tassata per il solo fatto di non essere stata enunciata, non richiedendolo la legge, pare insomma una conclusione quantomeno frettolosa.